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L’addio di Klose: Danke Miro!

Il 16 ottobre 2011 è una data da ricordare. Ultimi secondi di un Lazio – Roma incredibile. Si decide tutto al 93’: Hernanes per Klose, piatto e rete. Boato immenso, con la curva che viene giù. Goal dell’attaccante tedesco che regala i tre punti ai biancocelesti. Una rete che premia Reja giunto alla vigilia del match con tante speranze ripiegate soprattutto nell’attaccante tedesco e manda agli inferi quel “tiki-taka” tanto acclamato e che andava di moda in quel periodo con baluardo il tecnico romanista Luis Enrique. Da una parte una dirigenza lontana anni luce dal punto più basso della contestazione e dall’altro i primi dollari di una cordata giunta a Roma per vincere tutto da subito ma che ha trovato sostanziali difficoltà di quadratura dei conti.

A distanza di diverso tempo, quel goal è tornato in mente a tutti perché da lì, forse, partì l’avventura più importante che ha portato Klose a raggiungere il picco più alto nella sua esperienza alla Lazio.Il giorno dopo la fine della sua esperienza alla Lazio si fanno solamente i calcoli matematici. 64 reti in biancoceleste, eguagliati Pandev e Garlaschelli. Settimo marcatore nella storia della Lazio. Figura importante di assoluto riferimento nella gestione Lotito. Forse, il giocatore più importante acquistato dal presidente in ambito europeo e non solo. La figura di Klose ha anche la sua medaglia più dura. Gli infortuni. Troppo spesso il giocatore è stato costretto ai box e alcune scelte, a volte, difficili da capire come quello di curarsi in Germania per un semplice mal di schiena. Rimane sempre il bomber dei cinque goal a quel Bologna allenato da Pioli che un anno e mezzo dopo è mancato terribilmente nella prima parte di stagione, con Djordjevic e Matri non all’altezza della situazione. Per il primo, addirittura, le statistiche parlano di involuzione rispetto all’anno precedente. Sottigliezze evidenti come un macigno. La vittoria di un mondiale con la Germania è solamente la ciliegina sulla torta di un giocatore che si fece spazio all’ingresso del nuovo secolo voluto da quell’Otto Rehhagel alla guida del Kaiserslautern e conteso da due nazioni: la Polonia che gli ha dato i natali e la Germania che fu la sua scelta.

Fu uno dei primi giocatori “oriundi” a fare la differenza. Ad iniziare ad aprire le porte di una visione delle nazionali. La Lazio perde un ragazzo dai toni pacati, mai al centro di polemiche, educato sia dentro che fuori dal campo. Sarà difficile rimpiazzare un giocatore dal calibro internazionale visti gli intenti e i programmi. L’ottica di prendere giocatori quasi agli sgoccioli della carriera potrebbe non essere sempre fortunata. Per Klose successe un autentico miracolo, si è fiutato in tempo l’affare. Celerità. Danke Miro!

Tempo di addii. La gara contro la Fiorentina ha fatto da passerella per l’ultima gara in biancoceleste di qualche giocatore, su tutti quello di Candreva. Le prestazioni del giocatore sono state altalenanti. E’ mancato nella gestione Pioli, è rinato sotto la guida Inzaghi al ridosso degli Europei con la certezza della sua partecipazione. Vuole un palcoscenico europeo e una sfida di prospettiva al ridosso dei trent’anni, con una crescita mentale e tattica avvenuta in maniera esponenziale. Legittime pretese, a patto che le squadre intenzionate a prenderlo portino quanto richiesto da Lotito. Non si fanno sconti.

Per un giocatore che parte, uno rientra: De Vrij. Potrebbe essere il primo vero rinforzo in casa Lazio in una difesa che ha fatto acqua da tutte le possibili latitudini e longitudini possibili. Le scelte dell’olandese ha messo in crisi l’intero pacchetto arretrato mettendo in risalto i limiti tecnici e caratteriali dei suoi compagni di reparto. L’intervento effettuato a Novembre al ginocchio sinistro che hanno reso inoperoso il giocatore per sei mesi poteva essere effettuato in un altro momento. Il problema esisteva da tempo.  Da valutare le posizioni di tanti giocatori. Alcuni hanno finito un ciclo o quasi, altri lo hanno iniziato tipo Onazi in attesa della scelta del nuovo tecnico.

Dal tecnico partono tutte le strategie di una società. Si è monitorato, si è parlato, si è elogiato Inzaghi ma ancora nessuna scelta. Paradosso assoluto. Tante parole ma niente fatti. Su sette gare, Inzaghi ha vinto quattro volte. Meriterebbe una conferma guardando i numeri. Tare lo elogia ma punta l’occhio altrove. In un questo balletto di nomi, ruoli e figure c’è spazio solo per le idee. La Lazio eviterà i preliminari di Coppa Italia avendo concluso in ottava posizione. Minimo storico in tutto.

Per la cronaca la Fiorentina passeggia e affonda nella difesa laziale come una lama in un panetto di burro quasi sciolto. Lulic illude dopo pochi minuti con un gran goal, poi è tutto di marca ospite. 2-4 che non ammette repliche.

Come sempre, sottigliezze.

Mirko Cervelli